La Virtù Teologale della Fede
Secondo i Santi del Carmelo
Virtù della Fede secondo i Santi del Carmelo
Catechesi Fraternità Secolare CMES: La virtù della Fede secondo i Santi Carmelitani
di Pe. Saulo de Tarso CMES
Introduzione:
La fede, in un certo senso, è la virtù teologale più importante perché sta alla base di tutta la vita cristiana: la fede è l’atteggiamento inziale e condizione l’incontro amoroso con Dio. Anche se l’incontro con Dio si realizza perfettamente nell’amore (carità) questo non è possibile senza la fede, come anche la speranza senza un contatto inziale per mezzo della fede questa non regge.
San Giovanni della Croce definisce la fede come un “abito certo e oscuro dell’anima”, ed è su questa sua affermazione che concentreremo la nostra riflessione, adiamo a vedere cosa significa questa sua affermazione:
1. Oscurità della fede
Questo è uno dei punti più importanti della dottrina di San Giovanni della Croce. La fede è oscura, scrive, ...
... perché induce a credere verità rivelate da Dio stesso, che sono al di sopra di ogni lume naturale e superano oltre misura ogni umana comprensione. Ne segue che la luce eccessiva della fede è per l’anima profonda oscurità, perché il più assorbe [e vince] il meno, come la luce del sole eclissa qualsiasi atra luce, al punto che questa scompare quando quella risplende vincendo la nostra potenza visiva. In tal modo, questa rimane piuttosto accecata e priva della vista, perché la luce che riceve è sproporzionata ad eccessiva. Allo stesso modo, la luce della fede, per il suo grande eccesso, opprime e supera quella dell’intelletto, che per sua natura ha per oggetto solo la scienza naturale. Tuttavia, l’anima è in grado di accogliere quella soprannaturale, qualora il Signore voglia elevarla a tale ordine…(2S II, 1)
La fede ci propone cose mai viste ne comprese, sia in se stesse che in altre cose simili ad esse, perché non esistono [cose simili]. Di tale fede, quindi, non possiamo farci un’idea attraverso la nostra scienza naturale, perché ciò che ci propone non è proporzionato a nessuna potenza sensitiva. Noi lo apprendiamo solo per sentito dire, credendo ciò che la fede c’insegna, sottomettendoci ad essa e mettendo da parte la nostra luce naturale. (2S II, 3)
Quindi l’oscurità proviene dalla sproporzione che esiste tra l’intelligenza e l’oggetto che la fede le propone. In altro luogo il santo dice:
è opportuno ricordare qui la dottrina del Filosofo, il quale afferma con certezza che quanto maggiormente le verità divine sono in sé chiare e palesi, tanto più sono per loro natura oscure e occulte all’anima. La stessa cosa accade riguardo alla luce: quanto più forte, tanto più acceca e oscura la pupilla della civetta; così il sole: quanto più è fissato direttamente, tanto più abbaglia la potenza visiva e la priva di luce, perché è troppo superiore alla debolezza dell’occhio. Per questo Davide dice che nubi e tenebre avvolgono il Signore (cf. Sal 96[97], 2), non perché egli sia tale in se stesso, ma a causa dei nostri sensi deboli che di fronte a una luce così immensa si oscurano e rimangono offuscati, non essendone all’altezza. Lo stesso profeta per maggior chiarezza aggiunge: “Davanti al tuo fulgore si interposero le nubi” (Sal 17 [18], 13 Vulg.), ossia tra Dio e il nostro intelletto. (2N V,3)
Quindi, da queste parole comprendiamo che l’oscurità non proviene dalla distanza che esiste tra Dio e la fede, tra l’oggetto e l’occhio, ma è prodotta dal contatto tra l’oggetto divino abbagliante e lo sguardo! l’oscurità sarà tanto più grande per l’anima quanto più essa si avvicina a Dio.
La fede, quindi, non offre che oscurità all’intelligenza; essa le presenta luci più grandi di quelle di tutte le altre scienze. B. Angela da Foligno parla di questa esperienza di notte prodotta dalla luce:
“un giorno… vidi Dio in una tenebra e necessariamente in una tenebra, perché è situato troppo in alto, al di sopra dello spirito, e tutto ciò che può diventare l’oggetto di un pensiero è senza proporzione rispetto a Lui… è una gioia ineffabile nel bene che contiene tutto, e nulla può diventare là oggetto né di una parola né di un concetto. Io non vedo nulla, e vedo tutto: la certezza viene attinta nelle tenebre. Più le tenebre sono profonde, più il bene supera tutto; è il mistero nascosto… Fate attenzione. La divina potenza, sapienza e volontà, che ho visto altrove meravigliosamente, sembrava meno di questo. Questo è un tutto, le altre le definirei parti” (Angela da Foligno, Il libro delle mirabili visioni, consolazioni e istruzioni, Libreria editrice Fiorentina, Firenze, 1926, pp. 72-73)
Il mistero stesso quindi, non è totalmente oscuro. Certo non può essere penetrato in se stesso ma posso sapere che si tratta di Dio che è amore ecc. Nonostante questo, la Chiesa presenta queste verità soprannaturali in una formula dogmatica adatta al nostro modo di pensare e di parlare… non ci descrive il tutto ma ne offre un’espressione analogica che l’intelligenza può cogliere e può lavorare. San Giovanni della Croce nel Cantico Spirituale paragona queste formule a superficie argentate sotto le quali sono nascoste le verità e la loro sostanza, paragonate all’oro:
la fede, quindi, ci dà e ci comunica Dio stesso, ma coperto con l’argento della fede. Nondimeno ce lo dà realmente. È come se qualcuno offrisse un vaso d’oro, ma placato d’argento: non perché il vaso è ricoperto d’argento si può dire che egli non doni un vaso d’oro. (C XI,3).
È questo possesso (d’oro sotto l’argento e quindi reale) che realizza la trasformazione e la somiglianza d’amore che produce una nuova luce di connaturalità. La notte è meravigliosamente rischiarata da questa luce che ne scaturisce. È ciò che fa scrivere a San Giovanni della Croce:
La fede è raffigurata da quella nube che divideva i figli di Israele dagli egiziani, al momento di entrare nel Mar Rosso. Di essa la Sacra Scrittura dice che erano nubi tenebrose e illuminava la notte (cf. Es 14, 20) … Stupisce che quella nube, pur essendo tenebrosa illuminasse la notte… Da ciò dobbiamo concludere che la fede, essendo notte oscura, dà luce all’anima, che vive al buio, perché si realizza ciò che Davide dice a questo proposito: “La notte è chiara come il giorno nelle mie delizie” (Sal 138[139], 12). Il che equivale a dire: nelle gioie della mia pura contemplazione e unione con Dio, la notte della fede sarà mia guida. (2S III,4.6)
Nella notte quindi non c’è solo oscurità ma l’anima è illuminata sulle sue debolezze e sul valore delle cose, si vede tutto secondo verità, io e le cose vengono illuminate nella verità raggiunta dalla fede. La notte purifica e sistema tutto, li armonizza in una giusta scala di valori.
Per ultimo teniamo presente allora che nella fede c’è soltanto luce; la sua oscurità è effetto della trascendenza della luce che invade l’intelligenza quando penetra in Dio e nel suo mistero, ma poiché San Giovanni della Croce ha il suo sguardo solo alla luce trascendente di Dio, egli ci dice con insistenza che la fede è oscura e che questa oscurità è il segno caratteristico e certo che essa ha raggiunto il suo vero oggetto.
2. Certezza della fede
La fede è oscura però è certa: certa a causa del suo oggetto, ossia Dio, e questa è una certezza assoluta perché fondata sulla testimonianza di Dio stesso, Lui è verità, non può ingannarsi ne ingannarci, i nostri sensi, i nostri ragionamenti invece sì…; ma certa anche a causa del suo soggetto, ossia di chi emette l’atto di fede, ossia deriva dalla fermezza dell’adesione alla verità proposta, fermezza questa che deve essere totale, senza restrizione né condizioni; non emette nessun dubbio volontario e comporta una sottomissione perfetta dell’intelligenza.
In questa fede soggettiva ci sono dei gradi di certezza secondo il sopporto che la sostiene. La fede sempre si fonda ovviamente sull’autorità di Dio perché altrimenti non sarebbe soprannaturale, ma all’inizio è fondata anche sul valore della testimonianza umana e delle ragioni che l’accreditano.
Poi la fede si svincola dai suoi motivi naturali e razionali per trarre tutta la sua forza dalla sola testimonianza di Dio. Questo è uno sviluppo, una purificazione del motivo della fede aiutata o realizzata dalla percezione della verità divina, come diceva Angela da Foligno “io non vedo nulla, e vedo tutto. La certezza è tratta dalle tenebre”, e questo perché tutti magari mi dicono di agire di un altro modo, anche i miei principi e valori umani (es.: sete di giustizia),… però un qualcosa mi spinge al perdono… la stessa cosa vale per la perseveranza nel nostro percorso: non vedo nulla, non trovo aiuto da nessuno, sono solo nel percorso, perseguitato e ecc. ma proprio per questo che io continuo, vado avanti e continuo amando, come diceva lo stesso San Giovanni della Croce nel Cantico Spirituale paragrafo 28:
“L’anima mia si è data
tutti i miei beni sono a suo servizio;
non pasco più la greggia,
non ho più altra cura,
ché solo nell’amore è il mio esercizio”
E cioè, sono tutto dell’Amato, non cerco più nessun guadagno, nessun vantaggio, tutti i miei beni sono indirizzati al Signore, desidero solo la Gloria del Suo Nome “sia santificato il Tuo Nome” come diciamo sempre nella preghiera del Padre Nostro… non vado più indietro ai miei gusti, non più altra cura che non sia quello di amare, indipendentemente dalla sorte che mi è riservata sia nel presente che nell’avvenire!
Riguardo a questa certezza nell’oscurità, Teresa d’Avila diceva “quanto meno comprendo, tanto più credo e amo” (R, favori celesti 33); San Giovanni della Croce ancora testimonia dicendo “Ero nelle tenebre e nella certezza”
Questa certezza agli increduli è una violenza contro la loro intellettualità, per loro stiamo facendo una volenza contro noi stessi. Perpetua e Felicita, martiri dei primi secoli… il Marito di Perpetua gli è venuta a trovare nel carcere supplicare a lei di offrire il sacrificio agli idoli per così essere liberata e continuare a vivere e stare con lui, educare i figli e ecc.… ma lei rifiutò e preferì morire per Cristo!
Giobbe 2, 7-10: Satana si ritirò dalla presenza del Signore e colpì Giobbe con una piaga maligna, dalla pianta dei piedi alla cima del capo. Giobbe prese un coccio per grattarsi e stava seduto in mezzo alla cenere. Allora sua moglie disse: "Rimani ancora saldo nella tua integrità? Maledici Dio e muori!". Ma egli le rispose: "Tu parli come parlerebbe una stolta! Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremmo accettare il male?". In tutto questo Giobbe non peccò con le sue labbra.
Però siamo attenti perché da queste affermazioni uno può cadere nell’errore di credere che la perfezione della fede sia la pace, “il mondo è tutto in rovina ma io sto in pace perché Gesù mi ama”, attenzione perché non è così! La nostra intelligenza, che è fatta per la luce, davanti all’oscurità del mistero che la fede le presenta, deve naturalmente provare un certo malessere, se non un’inquietudine! Insoddisfazione che sarà tanto più forte quanto più sveglio è l’intelletto, come anche dal temperamento stesso della persona che la porterà a un movimento di ricercare, di indagine, di approfondimento, di forte desiderio…, anche se siamo soggetti anche ad una agitazione contro la fede attraverso confutazioni varie che possono provenire dall’esterno come anche dal nostro proprio interiore tipo varie angosce irrazionali portandoci al peccato che è del tutto irrazionale…. Però tale agitazione è solo una tentazione, si sviluppa all’esterno, all’infuori della certezza che è fermezza d’adesione alla verità rivelata. I Salmi sono un bellissimo esempio di questa agitazione, in tanti salmi, infatti, vediamo il salmista che sembra litigare con Dio: “perché mi hai abbandonato… Signore perché dormi? ...” ma alla fine troviamo sempre espressioni di questo genere:
“ma io vivrò per lui,
lo servirà la mia discendenza.
Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
annunceranno la sua giustizia;
al popolo che nascerà diranno:
"Ecco l'opera del Signore!".” (Sal 22, 30-32)
Quindi ci sono battaglie, turbamenti interni, tempeste tanto più dolorose quanto più viva e ferma è la fede; ma questa si fortifica in un tale combattimento e ne esce ancora più salda e purificata. L’esperienza di Dio, che blocca e rasserena può anche non sopprimere le tentazioni contro la fede: si possono verificare degli intervalli più o meno lunghi perché ma la fede non toglie la libertà delle facoltà umane che alle volte possono produrre delle notti totali che favoriscono lo sviluppo della tentazione.
La prova è destinata a fortificare la fede già consolidata o anche stimolare in una fede viva alla sofferenza redentrice che meriterà ad altri la luce per camminare nella via della salvezza. Pensiamo alla prova che subì Santa Teresa del Bambino Gesù e di cui ella scriveva:
Nei giorni così gioiosi del tempo pasquale, Gesù mi ha fatto sentire che ci sono veramente delle anime che non hanno la fede, che per l’abuso delle grazie perdono questo tesoro prezioso, sorgente delle sole gioie pure e vere. Permise che la mia anima fosse invasa dalle tenebre più fitte e che il pensiero del Cielo, così dolce per me, non fosse altro che un motivo di lotta e di tormento!... questa prova non doveva durare solo qualche giorno, qualche settimana; sarebbe svanita solo nell’ora stabilita dal Buon Dio e… quest’ora non è ancora arrivata…
Quando voglio far riposare il mio cuore stanco dalle tenebre che lo circondano, ricordando il paese luminoso verso il quale aspiro, il mio tormento raddoppia. Mi sembra che le tenebre prendono la voce dei peccatori e mi dicano prendendomi in giro: “Tu sogni la luce, una patria fragrante dei più soavi profumi; sogni il possesso eterno del Creatore di tutte queste meraviglie, credi di uscire un giorno dalle nebbie che ti circondano. Vai avanti, rallegrati della morte che ti darà non ciò che speri, ma una notte ancora più profonda, la notte del nulla!”
Ah, Gesù mi perdoni se gli ho dato dispiacere, ma Lui sa bene che, pur non avendo il godimento della Fede, mi sforzo almeno di compierne le opere. Credo di aver fatto più atti di fede da un anno fino ad ora che non durante tutta la mia vita. Ad ogni nuova occasione di lotta, quando i miei nemici vengono a sfidarmi, mi comporto da coraggiosa: sapendo che è viltà battersi in duello, volto le spalle ai miei avversari senza degnarli di uno sguardo; corro verso il mio Gesù, Gli dico che sono pronta a versare fino all’ultima goccia il mio sangue per testimoniare che esiste un Cielo. Gli dico che sono felice di non godere quel bel Cielo sulla terra, affinché Egli lo apra per l’eternità ai poveri increduli… (MsC 5v; 6v e 7r)
Questa descrizione di Santa Teresa del Bambino Gesù mostra una tentazione fatta di oscurità e di tormento continuo, la cui violenza provoca un’adesione sempre più ferma e salda alla verità, e scopre il carattere redentivo di una simile prova. La perfezione della fede non è, dunque, proporzionata alla pace che l’accompagna. Una fede fortissima e purissima può conoscere grandi tempeste. Questo è vero in tutte le tappe dello sviluppo della vita spirituale. La certezza è data unicamente dalla fermezza dell’adesione alla verità, certa ma oscura.
3. Conclusioni pratiche
Per quanto riguarda la nostra realtà, non così elevata come dei santi, San Giovanni della Croce raccomanda di sempre preferire l’scurità a tutte le luci particolari, sia che queste sgorghino dalle formule dogmatiche o che vengano da Dio stesso, per restare per mezzo dell’oscurità in contatto con la Realtà divina.
Dobbiamo vegliare per non lasciarci attrarre dall’agitazione delle facoltà fosse anche per imporre la pace/tranquillità, e neppure lasciarci avviluppare dalla dolcezza che viene da Dio o seguire la soavità dei sensi. In ogni situazione dobbiamo drizzare l’antenna della fede al di sopra di tutte le percezioni e di tutte le agitazioni e rifluire pacificamente verso l’oscurità serena e pacata in cui si rivela e si dona l’Infinito.
San Giovanni della Croce insegna in diversi punti dei suoi scritti come il demonio è bravissimo nel dare, in questo stato di aridità/oscurità, conoscenze e gusti per distrarci da Dio Sommo Bene.
Essendo la fede il solo mezzo immediato e adeguato per raggiungere Dio, nel nostro cammino verso l’unione divina non dobbiamo preferire ad essa alcuna luce naturale né alcun dono soprannaturale, per quanto elevato possa essere. Questo distacco da ogni bene costituisce tutta l’ascese contemplativa. Così si purificano la fede e la speranza e si realizza l’unione perfetta con Dio secondo la misura della grazia a noi data.
Per giungere a gustare il tutto, non cercare il gusto in niente.
per giungere al possesso del tutto, non voler possedere niente.
Per giungere ad essere tutto, non voler essere niente.
Per giungere alla conoscenza del tutto, non cercare di sapere qualche cosa in niente.
Per venire a ciò che ora non godi, devi passare per dove non godi.
Per giungere a ciò che non sai, devi passare per dove non sai.
Per giungere al possesso di ciò che non hai, devi passare per dove ora niente hai.
Per giungere a ciò che non sei, devi passare per dove ora non sei.
Modo di comportarsi per non essere d’impedimento al tutto.
Quando ti fermi su qualche cosa, tralasci di slanciare verso il tutto.
Per giungere interamente al tutto, devi totalmente rinnegarti in tutto.
E quando tu giunga ad avere il tutto, tu devi possederlo senza voler niente
poiché se tu vuoi possedere qualche cosa nel tutto, non hai il tuo solo tesoro in Dio.
Fonte: Pe. Maria Eugenio di Gesù Bambino, Voglio vedere Dio,
edizione italiana a.c. dell'Istituto
Nostra Signora della Vita,
Libreria Editrice Vaticana, p. 533-562, Capitolo Decimo, La fede e la contemplazione Soprannaturale